domenica 11 gennaio 2015

Recensione: Tempi difficili

(Hard Times)
di Charles Dickens

Formato: Paperback, 381 pagine
Editore: Einaudi, 2014
Genere: Romanzo, Classico
Lettura n.: 01/2015
Preso da: Negozio
Inizio lettura: 01 gennaio 2015
Fine lettura: 09 gennaio 2015
Ambientazione: Cocktown, Inghilterra (Regno Unito), 1800
Pubblicato: 1854
Links: aNobii, Goodreads
Voto: 10/10
- Ora, quel che voglio sono Fatti. Solo Fatti dovete insegnare a questi ragazzi. Nella vita non c'è bisogno che di Fatti. Piantate Fatti e sradicate tutto il resto. La mente d'un animale che ragiona si può plasmare solo coi Fatti; null'altro gli sarà mai di alcuna utilità. Con questo principio educo i miei figli e con lo stesso principio educo questi ragazzi. Attenetevi ai Fatti, Signore!
incipit
Commento
Se davvero "il buon giorno si vede dal mattino" allora dovrei avere un 2015 libresco sfavillante, perché il primo libro dell'anno è stato davvero una lettura meravigliosa nonostante debba ammettere che se avessi dovuto scegliere io un romanzo di Dickens non avrei probabilmente letto questo... e mi sarei persa un capolavoro.

La storia, che si svolge a Cocktown, un'immaginaria città industriale dell'Inghilterra ottocentesca, piena di fabbriche, fumo, rumore e inquinamento, intreccia le vite di molti personaggi diversi. Appartenenti alla classe dei ricchi ci sono Thomas Gradgrind, fondatore della scuola di Cocktown e del sistema educativo della città basato sui fatti e sull'abolizione di ogni tipo di fantasia o immaginazione, sua moglie, i suoi figli (Louisa, Thomas e altri tre tra i quali nel romanzo compare solo Jane), Josiah Bounderby, "amico" del signor Gradgrind e proprietario di una fabbrica e banchiere, la sua "governante" la signora Sparsit, di nobili origini ma caduta in disgrazia e James Harthouse, un ricco fannullone annoiato e senza scopo nella vita. Tra gli operai e i poveri troviamo invece Sissy, figlia di un domatore di cavalli del circo che viene abbandonata dal padre e accolta nella famiglia di Thomas Gradgrind, Stephen Blackpole, un operaio onesto e lavoratore e Rachael, la donna che ama ma che non può sposare essendo già ammogliato con una povera donna, ubriaca e sporca, che ogni tanto gli ripiomba in casa per farsi aiutare.

I personaggi appartenenti alla prima categoria riescono quasi tutti ad essere sorprendentemente arroganti, egoisti ed egocentrici: non ho mai trovato tanti individui insopportabili radunati in un unico romanzo. Alcuni riescono, nel corso degli eventi, a riabilitarsi un po' agli occhi del lettore, dimostrando per lo meno di aver agito in buona fede, mentre altri vengono letteralmente massacrati. Il romanzo è infatti interamente pervaso da una vena ironica che sottolinea l'insensatezza della "filosofia dei fatti" e la ridicolaggine del comportamento dei vari personaggi: colui contro cui Dickens si accanisce maggiormente è senza dubbio Bounderby, che viene fatto oggetto di commenti derisori da parte dall'autore ad ogni occasione. Bounderby dopotutto rappresenta ciò contro cui Dickens si scagliava con maggior ferocia, ovvero gli industriali sfruttatori del lavoro altrui, quindi è bastonato da tutti i fronti senza che mai in tutto il romanzo gli venga data la possibilità di accattivarsi la simpatia dei lettori.

Altra figura particolarmente insopportabile è la signora Sparsit, una zitellaccia pettegola e invidiosa che fa di tutto per distruggere l'immagine della povera Louisa la quale rimane forse l'unico personaggio che non può essere biasimato per i propri comportamenti ed è decisamente vittima senza essere contemporaneamente colpevole; infatti alla base della storia vi è un meccanismo, parafrasato anche dai nomi delle tre parti in cui si divide il romanzo, secondo il quale ciò che raccoglieremo come "frutto" delle nostre azioni dipenderà da ciò che abbiamo seminato. Questo non vuol dire che Dickens faccia fare una brutta fine a tutti personaggi che hanno seminato male e conceda il lieto fine a tutti coloro che hanno seminato bene: sarebbe stato troppo moraleggiante e anche decisamente falso. Ciò che accade al termine del romanzo (e che naturalmente non rivelerò) è la pura e semplice conseguenza di tutto ciò che è accaduto precedentemente, nel bene e nel male.
Era una città di mattoni rossi, o meglio di mattoni che sarebbero stati rossi se il fumo e la cenere lo avessero consentito. Stando così le cose era invece una città di un rosso e nero innaturale, come la faccia dipinta di un selvaggio; una città piena di macchinari e alte ciminiere dalle quali uscivano senza tregua interminabili serpenti di fumo, che si snodavano nell'aria senza mai sciogliere le loro spire. C'era un canale di acque nere e un fiume reso violaceo da tinture maleodoranti e vasti agglomerati di edifici pieni di finestre scossi per tutto il giorno da un frastuono e un tremito incessanti, dove gli stantuffi delle macchine a vapore si alzavano e si abbassavano monotoni come teste di elefanti in preda a una malinconica follia. C'erano perecchie grandi strade, tutte uguali, un gran numero di viuzze ancora più uguali, abitate da persone anch'esse uguali che entravano e uscivano alla stessa ora, con il medesimo scalpiccio sul medesimo selciato, per recarsi a svolgere il medesimo lavoro e per le quali oggi era identico a ieri e a domani e ogni anno la replica di quello passato e di quello a venire
Charles Dickens
Louisa non si mosse neppure dopo che lui se ne fu andato e fu tornato il silenzio. Era come se tentasse di scoprire, dapprima nel fuoco del caminetto, e poi nella bruma rossastra che accendeva l'orizzonte, quale trama stesse tessendo il vecchio tempo, il più grande e il più antico dei filatori, con i medesimi fili che aveva già utilizzato per dar forma a una donna. Ma la fabbrica del tempo è un luogo segreto, la sua opera è silenziosa e i suoi operai non hanno il dono della parola.
Charles Dickens
Sfide: Alfabetitolo, consigli di lettura, mini-recensioni, GRI Reading Challenge, sfida dei bellissimi, sfida dei buoni propositi, sfida dell'alfabeto, sfida della trasposizione, sfida extralarge, sfida infinita, sfida tutti diversi, tour del Regno Unito, la listona

4 commenti:

  1. Mia cara SiMo85 , mi sono unita all'indirizzo del tuo nuovo blog con infinito piacere e vedo Dickens postato, autore che amo molto e che mi hai fatto riscoprire con questo romanzo che non avevo ancora letto. Nei tratti della tua recensione dove Dickens scrive mi è familiare la sua maniera di porsi a me tanto cara.
    Grazie amica mia, grazie per questo libro, per la tua gentile e sollecita iscrizione e grazie per aver accettato in primis di essermi amica.
    Vado subito a salvare il blog nel roll preferiti
    Un bacio serale e a presto.

    RispondiElimina
  2. Grazie Nella per il tuo commento e sono contenta di averti fatto "riscoprire" un romanzo di Dickens: per me è solo il secondo che leggo di questo autore ma mi piace moltissimo la sua scrittura e sicuramente leggerò anche gli altri suoi romanzi! Seguirò molto volentieri il tuo blog: l'ho trovato davvero molto interessante!!
    Grazie ancora per la tua visita,
    un bacio e a presto!

    RispondiElimina
  3. Questo è un classico che mi manca, purtroppo! O per fortuna: vuol dire che devo ancora gustarmi una belloissima lettura, stando al tuo commento!

    Ho visto che hai in lettura "Cronologia delle scoperte scientifiche". Io pure lo consilto ogni tanto, di pari passo con il Reading History.Tu lo stai leggendo tutto in una volta, invece?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Avevo iniziato a leggerlo per la "Sfida a squadre" su Goodreads perché mi serviva un'opera di divulgazione scientifica di Asimov. Sono arrivata a metà e non ce l'ho più fatta perché c'è davvero troppa roba, per cui ho cambiato libro e mi sono fermata. Però ormai sono arrivata troppo in là; piuttosto paginetta per paginetta ma devo finirlo...

      Elimina