giovedì 25 febbraio 2010

Recensioni film: AVATAR

Titolo originale: Avatar
Regista: James Cameron
Anno: 2010
Genere: Avventura
Cast: Sam Worthington (Jake Sully), Zoë Saldaña (Neytiri), Stephen Lang (Col. Miles Quaritch), Sigourney Weaver (Dr. Grace Augustine), Michelle Rodriguez (Trudy Chacón)

Visto il: 24 febbraio 2010
Valutazione: ★★★

Trama: Entriamo in questo mondo alieno attraverso gli occhi di Jake Sully, un ex Marine costretto a vivere sulla sedia a rotelle. Nonostante il suo corpo martoriato, Jake nel profondo è ancora un combattente. E' stato reclutato per viaggiare anni luce sino all'avamposto umano su Pandora, dove alcune società stanno estraendo un raro minerale che è la chiave per risolvere la crisi energetica sulla Terra. Poiché l'atmosfera di Pandora è tossica, è stato creato il Programma Avatar, in cui i "piloti" umani collegano le loro coscienze ad un avatar, un corpo organico controllato a distanza che può sopravvivere nell'atmosfera letale. Questi avatar sono degli ibridi geneticamente sviluppati dal DNA umano unito al DNA dei nativi di Pandora... i Na’vi. Rinato nel suo corpo di Avatar, Jake può camminare nuovamente. Gli viene affidata la missione di infiltrarsi tra i Na'vi che sono diventati l'ostacolo maggiore per l'estrazione del prezioso minerale. Ma una bellissima donna Na'vi, Neytiri, salva la vita a Jake, e questo cambia tutto.

Finalmente ce l'ho fatta: dopo più di un mese dall'uscita ho visto Avatar! Purtroppo non sono andata al cinema candida e pura, ma ne ho sentite talmente tante che mi ero già fatta un'idea prima dell'inizio. Allora, sicuramente il tempo è volato senza che me ne accorgessi, e questo è già molto positivo, gli effetti sono davvero spettacolari, i colori stratosferici e i Na'vi sono bellissimi, con questi occhi enormi e gialli e la pelle blu. Mi sono piaciute moltissimo le scene d'azione che sono un tripudio di effetti speciali e anche le scene di volo. Quello che invece mi ha lasciata un po' perplessa è stato il fatto che non ho provato quella suspance che porta a chiedersi «come finirà?». La storia, infatti, ricorda molto quella di Pocahontas (con un finale diverso, è vero, ma il concetto è quello) [SPOILER] ed è quasi scontato che gli invasori verranno cacciati[SPOILER] e [SPOILER]che una terra meravigliosa come quella, i cui abitanti sono in contatto non solo spirituale ma fisico con la natura che li circonda, non può essere distrutta.[SPOILER] Anche la conclusione della storia d'amore non lascia molte possibilità: [SPOILER]dal tentativo fallito di salvare la dottoressa Grace (perchè lei è troppo debole) si immagina che avrebbero ritentato lo stesso con Jake e che molto probabilmente questa seconda volta ci sarebbero riusciti.[SPOILER] Al di là di queste osservazioni, che comunque non tolgono al film il suo fascino, sono stata contenta di averlo visto. L'unica cosa è che credo non si meriti l'Oscar come miglior film, mentre si merita appieno quello come "migliori effetti visivi" e "migliore scenografia".

«Manderanno un messaggio per dirci che loro possono prendersi tutto quello che vogliono ma noi manderemo il nostro messaggio: questa è la nostra terra!»
(Jake Sully ai Na'vi)
«La grande madre non prende le parti di nessuno. Lei protegge soltanto l'equilibrio della vita.»
(Neytiri a Jake Sully)
«Guarda tra i ricordi di Grace, vedi da dove veniamo: non c'è verde lì, hanno ucciso la loro madre e faranno lo stesso anche qui»
(Jake Sully mentre prega l'albero delle anime)

martedì 23 febbraio 2010

STRANE CREATURE, Tracy Chevalier

Titolo originale: Remarkable Creatures
Autore: Tracy Chevalier
Anno di pubblicazione: 2009
Editore: Neri Pozza
Pagine: 287

Iniziato il: 18 febbraio 2010
Terminato il: 22 febbraio 2010

Valutazione: ★★★★

Trama: È il 1811 a Lyme, un piccolo villaggio del Sussex. Un giorno sbarcano nel villaggio le sorelle Philpot. Vengono da Londra, sono eleganti, vestite alla moda, sono bizzarre creature per gli abitanti di quella costa spazzata dal vento. Margaret, diciotto anni, riccioli neri e braccia ben tornite, sorprende costantemente tutti coi suoi turbanti verdolini sconosciuti alle ragazze di Lyme, che se ne vanno in giro ancora con grevi vestiti stile impero. Louise, meravigliosi occhi grigi e grandi mani, coltiva una passione per la botanica che è incomprensibile in quel piccolo mondo dove alle donne è dato solo di maritarsi e accudire i figli. Ma è soprattutto Elizabeth, la più grande delle Philpot, a costituire un'eccentrica figura in quel paesino sperduto sulla costa. Ha venticinque anni. Dovrebbe comportarsi come una sfortunata zitella per l'età che ha e l'aspetto severo che si ritrova, ma se ne va in giro come una persona orgogliosamente libera e istruita che non si cura affatto di civettare con gli uomini. In paese ha stretto amicizia con Mary Anning, la figlia dell'ebanista. Quand'era poco più che una poppante, Mary è stata colpita da un fulmine. La donna che la teneva fra le braccia e le due ragazze accanto a lei morirono, ma lei la scampò. Prima dell'incidente era una bimba quieta e malaticcia. Ora è una ragazzina vivace e sveglia che passa il suo tempo sulla spiaggia di Lyme, dove dice di aver scoperto strane creature dalle ossa gigantesche, coccodrilli enormi vissuti migliaia di anni fa.

Non avevo mai letto nulla di Tracy Chevalier prima, anche se a volte mi capita di gironzolare attorno a "La ragazza con l'orecchino di perla", pur senza mai decidermi a comprarlo. Devo dire che è stata una piacevole scoperta: ho trovato la sua scrittura molto scorrevole e inoltre adoro le storie ambientate nell'800, soprattutto in Inghilterra, quindi partiva già con qualche punto di vantaggio.

Il romanzo racconta la vera storia di Mary Anning, la donna che scoprì i resti del primo ittiosauro dando così un'enorme contributo allo sviluppo delle teorie evoluzionistiche, e di Elizabeth Philpot, studiosa di pesci fossili. Le due protagoniste si alternano come voce narrante capitolo dopo capitolo. Ad essere sincera devo dire che ho avuto l'impressione che il personaggio di Elizabeth fosse un po' forzato in alcuni suoi atteggiamenti. Prima di tutto mi è sembrata un po' troppo acuta: Mary trova il fossile del primo ittiosauro? Lei subito intuisce che si tratta di una nuova specie, magari vissuta milioni di anni fa e non prende nemmeno in considerazione che possa trattarsi di un qualche animale all'epoca esistente ma, per esempio, non ancora scoperto. Non credo che agli inizi del 1800 si conoscessero così tante specie animali da far escludere a priori questa possibilità. Inoltre, non è minimamente spaventata dalle implicazioni che le scoperte di Mary possono avere su un modo di concepire il mondo e le sue origini ormai fossilizzato e riconosciuto da secoli; per quanto si interessi di scienze naturali e legga molti libri non è secondo me cresciuta in un ambiente abbastanza aperto mentalmente e "avanti" per prendere così alla leggera il crollo di mille certezze (tra cui il fatto che il mondo non sia stato creato così come lo vediamo ma che abbia subito un processo evolutivo). Anche il fatto che giri tranquillamente da sola per le strade di Londra e non solo: che affronti un viaggio in nave completamente in solitaria e che cerchi di essere quasi completamente emancipata senza incontrare troppe difficoltà (giusto qualche occhiataccia e qualche frase che sottolinea la sconvenienza delle sue azioni) non mi è sembrato molto verosimile.

Il personaggio di Mary Anning mi è invece piaciuto molto, con i suoi pregi e i suoi difetti, con le sue forze e le sue debolezze. L'unica cosa che forse non era necessaria, ma è stata un'aggiunta probabilmente per rendere un po' più coinvolgente la storia, è stata la relazione con il capitano Birch: anche se non ci fosse stata la "fuitina" il racconto sarebbe stato su lo stesso.

In generale mi è piaciuto, non l'ho trovato per niente noioso anche se non è certo un libro d'azione; in questo modo credo che la storia sia rimasta più verosimile che non se fosse accaduto chissà quale colpo di scena (ad esempio un matrimonio tra Mary e il capitano Birch). Mi ha fatto molto piacere che nel finale Elizabeth e Mary riescano a mettere da parte i loro rancori e le loro invidie per tornare amiche e compagne di lavoro.
Non so se è vero, ma il ricordo di quel lampo mi attraversa ancora, come un brivido. E' sempre tornato nei momenti importanti della mia vita: quando ho visto il cranio di coccodrillo scoperto da Joe e quando io stessa ne ho scoperto il corpo tutto intero, quando ho trovato gli altri mostri sopra la spiaggia e quando ho conoscuto il colonnello Birch. Altre volte sentirò lo schiocco della folgore e mi domanderò perchè è venuta. Non sempre la capisco, ma accetto quello che mi dice, perchè fa parte di me. Mi è entrata dentro che ero bambina e non se n'è più andata.

mercoledì 17 febbraio 2010

IL CLUB DEI DESIDERI IMPOSSIBILI, Alberto Torres Blandina

Titolo originale: Cosas que nunca ocurrirìan en Tokio
Autore: Alberto Torres Blandina
Anno di pubblicazione: 2009
Editore: Guanda
Pagine: 183

Iniziato il: 15 febbraio 2010
Terminato il: 17 febbraio 2010

Valutazione: ★★★★
Trama: Un aeroporto internazionale dove passa un fiume di persone con un bagaglio non solo di valigie, ma anche delle esperienze più diverse. Facce senza identità in uno spazio che è un limbo. In questa terra di nessuno ha trascorso la sua vita lavorativa lo spazzino Salvador Fuensanta. È un cantastorie dei nostri giorni, uno che, mentre sei in attesa di imbarcarti per l’India, ti racconta di un tale, amico suo, che era andato sulle rive del Gange in cerca di pace. Ma prima di sapere come va a finire, arriva il tuo volo. Ti resta la curiosità, ma ti ha distratto dalla noia. Ed è questa la funzione del suo narrare. Il vecchio Salvador è come uno scrigno pieno di storie sedimentate, costantemente rielaborate, non importa se vere. Storie rese ancora più incredibili, o forse possibili, dall’arte di narrare. E allora anche i desideri impossibili in un aeroporto si possono realizzare. Basta trovare un venditore che ti proponga di iscriverti a un club molto esclusivo, grazie al quale puoi essere chiunque tu voglia... Perché non crederci? In fondo è una possibilità. E la realtà non è forse una possibilità fra le tante? Purtroppo, però, anche i menestrelli invecchiano, e Salvador deve andare in pensione e prendere, letteralmente, per la prima volta il volo. Ma qui... comincia un’altra storia.
Alla fine la pausa me la sono presa: non voglio rischiare di annoiarmi e mollare, tengo troppo al mio progetto per distruggere tutto solo perchè non ho voluto darmi un attimo di tregua, e un po' di letture alternative ogni tanto sono necessarie. Come mi è già successo molte volte, l'acquisto di questo libro è stato un colpo di fulmine, quel "non so che" che spesso mi fa capire con una sola occhiata che quello è ciò che fa per me. E in effetti è stato un'ottimo acquisto.

Il romanzo è in realtà una serie di racconti narrati da Salvator Fuensanta, un bizzarro signore che lavora come spazzino in un aereoporto internazionale. Egli intrattiene i passeggeri in attesa del volo con le sue storie incredibili prese dalle sue esperienze personali, dalle vite di alcuni conoscenti o a loro volta narrategli dalle persone in aereoporto. Alcune sono davvero geniali: quella del Giappone è probabilmente la più pazzesca e strampalata. Altre sono abbastanza angoscianti come la storia di Domingo Milliòn e il club dei desideri impossibili, oppure quella del suo vicino di casa Eduardo Juesas. Tutti i personaggi che si avvicinano al narratore sono senza volto e senza nome: di loro si conoscono solo i particolari funzionali alla narrazione (ad esempio un certo comportamento riporta alla mente di Salvator una storia precisa) e alcuni commenti o osservazioni effettuati durante il racconto, ma sempre riportati indirettamente (ovvero, la voce narrante è sempre Salvator).

Non ho capito la scelta nella traduzione del titolo dall'originale: "Cosas que nunca ocurrirìan en Tokio" ("Cose che non accadrebbero mai a Tokio") che è un titolo molto divertente e ironico che si capisce solo dopo aver letto la storia del Giappone (capitolo 11) viene tradotto in "Il club dei desideri impossibili" che è in realtà l'argomento di una sola delle storie raccontate da Salvador e non è assolutamente riferibile a tutto il libro.

Potrebbe alzare i piedi che do una passata di scopa? Così va bene, grazie. In India, vero? Niente di più facile. Le destinazioni sono come il taglio di capelli, le scarpe... o il partner. Li scegliamo che si adattino a noi.
Mia nipote ha i colpi di sole, adora le scarpe a tacco alto e l'anno scorso si è sposata con un informatico. Alle nozze ha invitato quattrocento persone. Dove pensa che siano andati in viaggio di nozze, gli sposi? Esatto. O Cancùn o una crociera. E allora Cancùn. Il marito soffre il mal di mare.
(Salvator Fuensanta)
Infatti, se si va in Africa è bene leggere Kapuściński; se si va in Australia Chatwin; se si va in Afghanistan Åsne Seierstad, per citare a caso...e ovunque si vada 'Le città invisibili' di Calvino, non è d'accordo? E' il libro fondamentale del viaggiatore. E non solo quello che va per mari e continenti. Perché si può viaggiare in tanti modi. Di idea in idea. Di libro in libro. Di ventre di donna in ventre di donna... Non rida. C'è un modo inedito racchiuso in ogni pelle e in ogni sguardo.
(Salvator Fuensanta)

lunedì 15 febbraio 2010

LE OPERE E I GIORNI, Esiodo

Titolo originale: Έργα και Ημέραι
Autore: Esiodo
Anno di pubblicazione: 2007
Editore: Mondadori
Pagine: 50

Iniziato il: 10 febbraio 2010
Terminato il: 15 febbraio 2010

Valutazione: ★★★★

Ho bisogno di una pausa. Non pensavo che 50 pagine potessero essere così massacranti, ma purtroppo ho preso un'edizione terribilmente pesante (i Meridiani Mondadori) e i commenti sono uno strazio. Potrei saltarli, è vero, e la tentazione è davvero grande, però sono utili, fanno riflettere e cogliere aspetti che le fette di prosciutto che stanziano perennemente davanti ai miei occhi non mi permettono di vedere!

Anche quest'opera è molto interessante perchè parla del mondo visto dalla prospettiva opposta alla "Teogonia", ovvero quella umana. Si trovano quindi indicate le usanze del tempo, le tecniche agricole, di navigazione, le festività. Oltretutto è anche abbastanza breve e più semplice della "Teogonia", ma il commento mi ha dato una mazzata. Per finire Esiodo mi mancano ancora due opere composte da frammenti ed entrambe non attribuite a lui con certezza. Mi sa che farò il mio primo sgarro (sapevo che prima o poi sarebbe successo) e mi limiterò a quello che ho letto per passare oltre o per distrarmi un po' con una lettura meno impegnativa a scelta tra i libri che mi sono arrivati per Natale. Vedremo...

martedì 9 febbraio 2010

TEOGONIA, Esiodo

Titolo originale: Θεογονία
Autore: Esiodo
Anno di pubblicazione: 2007
Editore: Mondadori
Pagine: 92

Iniziato il: 03 febbraio 2010
Terminato il: 07 febbraio 2010

Valutazione: ★★★★★

Sicuramente molto interessante e si legge tutta d'un fiato; quello che mi ha portato via un sacco di tempo è stata l'introduzione (che come sempre ho letto per ultima per evitare di rovinarmi la lettura e le prime impressioni) che è comunque impensabile non leggere: avrei capito meno della metà del vero significato dell'opera. Oltretutto per me la poesia è estremamente affascinante ma anche difficile: probabilmente non possiedo quella sensibilità necessaria per "capirla" davvero senza che mi venga spiegata.

In ogni caso è estremamente interessante scoprire questa versione della genealogia divina greca, soprattutto perchè io sono sempre stata attratta dalla mitologia di ogni epoca e paese. Come tutti i miti anche qui la violenza si spreca ma il bello è che ogni azione degli dei, come ogni nuova nascita, non è casuale ma rientra nella funzione del poema di illustrare tutti gli aspetti della realtà e le relazioni che questi hanno tra loro.

giovedì 4 febbraio 2010

ODISSEA, Omero

Titolo originale: Οδύσσεια
Autore: Omero
Anno di pubblicazione: 2003
Editore: Marsilio
Pagine: 442
Iniziato il: 18 gennaio 2010
Terminato il: 03 febbraio 2010
Valutazione: ★★★★★

Finalmente l'Odissea! Purtroppo ci ho messo un'eternità a leggerlo, non perchè mi annoiasse, anzi, ma perchè mi sono fatta distrarre da altre cose che hanno portato via tempo alla lettura. Ora però pronta a dare il mio, inutilissimo al mondo, parere.

Da sempre l'Odissea è il mio poema epico preferito perché è avventuroso e non parla quasi esclusivamente di battaglie come l'Iliade, anzi: l'Odisseo che viene raffigurato qui è tutto l'opposto dell'amante della guerra come poteva essere Achille perchè il suo primo obiettivo, nonostante tutte le possibilità che gli vengono fornite durante il viaggio (rimanere sull'isola di Circe, vivere con Calipso e diventare con lei immortale, restare tra i Feaci sposando Nausicaa) è sempre e solo tornare alla sua Itaca, da sua moglie, da suo figlio, da suo padre.

Odisseo è davvero "moderno" (come lo è in generale tutto questo poema) e ne ho avuto la sensazione confrontandolo con le figure dell'Iliade, Achille prima di tutti, che appaiono molto lontani dai nostri ideali e dal nostro modo di concepire la vita, la guerra, la morte, la casa. Nell'Iliade Achille preferisce un'esistenza breve in cambio della gloria eterna, mentre nell'Odissea, quando lo incontriamo nell'Ade (uno dei canti più belli) egli preferirebbe scambiare tutta la sua fama e la sua gloria con una vita più lunga, anche se questa lo metterebbe nei panni di un servitore costretto a zappare la terra per il suo padrone.

Penelope è l'altro personaggio affascinante del poema: con l'inganno della tela che viene tessuta di giorno e disfatta di notte per allontanare il giorno delle nozze con uno dei Proci dimostra di essere degna di Odisseo e anche l'astuto stratagemma con cui mette alla prova il marito (sfruttando il segreto, che solo loro conoscono, del letto nuziale costruito da lui stesso utilizzando le radici di un olivo) è prova della sua intelligenza.
Infine c'è Telemaco, che si trova in una situazione che non gli invidio per niente: è completamente solo in mezzo a decine di uomini molto più forti di lui (che per di più vogliono farlo fuori) e nonostante ciò riesce comunque ad avere il coraggio di partire alla ricerca di informazioni sul padre. Tutti e tre si meritano senza ombra di dubbio la vendetta finale.

lunedì 1 febbraio 2010

Recensioni film: UP

Regista: Peter Docter e Bob Peterson
Anno: 2009
Genere: Animazione
Cast: Giancarlo Giannini (Carl Fredricksen), Arnoldo Foà (Charles Muntz), Neri Marcorè (Il cane Dug)
Visto il: 31 gennaio 2010
Cosa ne penso: «Ma perchè non l'abbiamo visto al cinema?» è stato quello che mi ha chiesto Massi dopo circa 15 minuti di film. La mia risposta è stata scontata e anche un po' depressa: «Io avrei voluto vederlo al cinema, sei tu che dici di odiare i cartoni animati. Vedi che vale la pena rischiare ogni tanto?» Dopo una serie di film insipidi tra i quali se ne salvavano davvero pochi, finalmente uno che davvero merita.

Solo i primi 10 minuti valgono tutto il film: l'incontro tra Carl, bambino timido, riservato e silenzioso e Ellie, tutta l'opposto ma accomunati da un grande spirito d'avventura e dal sogno di raggiungere un giorno il loro eroe, l'esploratore Charles Muntz, alle Cascate Paradiso è divertente e tenerissimo, mentre il racconto della loro storia, piena d'amore ma anche di sofferenze affrontate però sempre insieme, [SPOILER]fino alla morte di Ellie[SPOILER] lascia senza parole ma con una grandissima commozione. Sono finalmente riusciti a toccarmi il cuore come non succedeva più dal Re Leone e adesso che sono cresciuta sono riuscita ad immedesimarmi talmente che alla fine della scena più triste avevo due lacrimoni tremolanti che mi cadevano dagli occhi. Splendido. E ancora non ho detto nulla del disegno ciccioso, dei colori brillantissimi, della colonna sonora, dei personaggi e delle scene davvero divertenti e fatte bene (dopo la tristezza iniziale, infatti, il film torna brillante come è giusto che sia un cartone per bambini), del cattivo Muntz che mi ha ricordato moltissimo McLeach, il bracconiere di "Bianca e Bernie nella terra dei canguri", unico sequel Disney che a mio parere riusciva a tenere il confronto con il primo film.

Con Massi ho anche discusso su se sia o no un film che possa piacere ai bambini: io sono convinta di si. Ovviamente non possono ancora immaginare cosa possa significare affrontare una vita insieme alla persona amata, essere uniti da un amore così grande che riesce a superare le difficoltà che la vita ti pone davanti (è probabilmente più semplice per un bambino immedesimarsi con Dumbo, separato dalla propria mamma, e capire perfettamente i sentimenti che doveva provare - io amavo Dumbo, eppure ho sempre voluto vederlo insieme a mia mamma, perchè avevo bisogno di stringerla nei momenti più tristi), però credo comunque che sia l'occasione per mostrargli degli eventi che si affrontano sempre troppo poco con i bambini: [SPOILER]la malattia, la morte, la perdita di un figlio.[SPOILER] In ogni caso è talmente breve la sequenza triste che non farebbero in tempo ad annoiarsi per essere poi completamente avvolti dalla storia.

Voto: 10/10