Figlia del Silenzio
(The Memory Keeper's Daughter)
di Kim Edwards
Serie: -
Formato: Hardcover, 413 pagine
Editore: Garzanti, 2007 (I edizione - 2005)
Genere: Romanzo, Narrativa varia
Inizio lettura: 18 maggio 2014
Fine lettura: 23 maggio 2014
Preso da: La mia libreria
Lettura n.: 6/2014
(The Memory Keeper's Daughter)
di Kim Edwards
Serie: -
Formato: Hardcover, 413 pagine
Editore: Garzanti, 2007 (I edizione - 2005)
Genere: Romanzo, Narrativa varia
Inizio lettura: 18 maggio 2014
Fine lettura: 23 maggio 2014
Preso da: La mia libreria
Lettura n.: 6/2014
La neve aveva cominciato a cadere qualche ora prima dell'inizio del travaglio. Prima, nello spento grigiore del tardo pomeriggio, a radi fiocchi, poi con mulinelli, turbini mossi dal vento ai margini del grande portico davanti alla casa. Lui le stava accanto, nel vano della finestra: guardava le raffiche violente gonfiarsi, vorticare e posarsi al suolo. Nei dintorni si erano accese le luci e i rami nudi degli alberi erano diventati bianchi.
(incipit)
Quando ho trovato questo romanzo al mercatino dell'usato vicino a casa mia e, ancora prima, quando per la prima volta ne ho letto la trama e l'ho inserito nella mia wishlist, non ho fatto caso ad un piccolo ma fondamentale dettaglio, due parole che possono davvero fare la differenza tra acquistare un libro e lasciarlo dove si trova: la definizione "caso letterario". Ed è per questo che quando ho aperto la copertina e mi sono trovata davanti la pagina intitolata "storia di un caso letterario" con tutte le date, come se a qualcuno interessasse davvero sapere quanto eroicamente abbia lottato la Garzanti per accaparrarsi i diritti di ciò che stiamo per leggere come se fosse il più grande capolavoro mai scritto, non sono riuscita a trattenere un gemito di sofferenza: perché a quel punto non si può più tornare indietro, bisogna leggerlo... l'ho comprato! Se non lo facessi rimarrebbe per anni a guardarmi subdolamente dalla libreria e ad irritarmi ogni volta che gli passo davanti. Così mi sono tolta il dente e alla fine ho scoperto che non è stato neanche eccessivamente doloroso: ho provato di peggio!
Il libro è scorrevole anche se, nonostante la trama sia potenzialmente interessante, non mi ha coinvolta del tutto: sono andata avanti più per inerzia che per vero desiderio di sapere come si sarebbe evoluta la vicenda. In realtà quando mi sono accorta che la protagonista del romanzo non sarebbe stata Phoebe, la bambina affetta da sindrome di Down attorno alla quale ruota l'intera vicenda, bensì le due famiglie che la sua nascita coinvolge, mi sono resa conto di quanto scontato sarebbe stato il romanzo e ho perso gran parte dell'interesse. Perché il libro è scritto anche abbastanza bene: è dettagliato e nel caso di alcuni personaggi (David e Norah principalmente) riesce anche ad essere abbastanza profondo e a non rimanere solo in superficie. Il problema è che trascura l'elemento fondamentale: lei, Phoebe, la figlia del silenzio (o "la figlia della custode della memoria" in originale). L'autrice è la prima che quasi esclude Phoebe dalla storia: sentiamo per la prima volta la sua voce che siamo già a metà del libro e un dialogo completo lo regge solo negli ultimi capitoli. Per il resto del romanzo, di lei si parla solo in terza persona e viene narrato solo il modo in cui viene percepita dagli altri personaggi: nulla viene detto di cosa passi per la sua testa, tutto è ridotto a manifestazioni incontrollate delle proprie emozioni, cambi di umore repentini, difficoltà di apprendimento... tutte cose che si trovano leggendo un qualsiasi articolo su questa sindrome, forse nemmeno troppo approfondito.
Per quanto riguarda i personaggi, anche per quelli meglio definiti ci sono aspetti positivi e aspetti negativi, dovuti principalmente al desiderio (secondo me) di trovare una soluzione plausibile e non eccessivamente faticosa alla vicenda. Non entro nei dettagli per evitare spoiler ma l'evoluzione dei personaggi a volte è un po' troppo sommaria e frettolosa, con cambiamenti repentini nell'atteggiamento e nel modo di pensare che rendono il tutto leggermente forzato. Quello che ho apprezzato di più è David, perchè è colui che è rimasto più coerente con sé stesso pur evolvendosi nel corso della vicenda; purtroppo anche lui è coinvolto nell'operazione "vediamo di concluderla in fretta perché devo andare a farmi le unghie" della Edwards che ci regala una soluzione di comodo da leccarsi i baffi.
Nel 2008 è stato prodotto il film tratto dal romanzo (in effetti, nell'elenco delle date da caso letterario c'era anche quella dell'acquisto dei diritti cinematografici) che ho trovato per puro caso su YouTube digitandone il titolo su Google: lo segnalo qui.
Il libro è scorrevole anche se, nonostante la trama sia potenzialmente interessante, non mi ha coinvolta del tutto: sono andata avanti più per inerzia che per vero desiderio di sapere come si sarebbe evoluta la vicenda. In realtà quando mi sono accorta che la protagonista del romanzo non sarebbe stata Phoebe, la bambina affetta da sindrome di Down attorno alla quale ruota l'intera vicenda, bensì le due famiglie che la sua nascita coinvolge, mi sono resa conto di quanto scontato sarebbe stato il romanzo e ho perso gran parte dell'interesse. Perché il libro è scritto anche abbastanza bene: è dettagliato e nel caso di alcuni personaggi (David e Norah principalmente) riesce anche ad essere abbastanza profondo e a non rimanere solo in superficie. Il problema è che trascura l'elemento fondamentale: lei, Phoebe, la figlia del silenzio (o "la figlia della custode della memoria" in originale). L'autrice è la prima che quasi esclude Phoebe dalla storia: sentiamo per la prima volta la sua voce che siamo già a metà del libro e un dialogo completo lo regge solo negli ultimi capitoli. Per il resto del romanzo, di lei si parla solo in terza persona e viene narrato solo il modo in cui viene percepita dagli altri personaggi: nulla viene detto di cosa passi per la sua testa, tutto è ridotto a manifestazioni incontrollate delle proprie emozioni, cambi di umore repentini, difficoltà di apprendimento... tutte cose che si trovano leggendo un qualsiasi articolo su questa sindrome, forse nemmeno troppo approfondito.
Per quanto riguarda i personaggi, anche per quelli meglio definiti ci sono aspetti positivi e aspetti negativi, dovuti principalmente al desiderio (secondo me) di trovare una soluzione plausibile e non eccessivamente faticosa alla vicenda. Non entro nei dettagli per evitare spoiler ma l'evoluzione dei personaggi a volte è un po' troppo sommaria e frettolosa, con cambiamenti repentini nell'atteggiamento e nel modo di pensare che rendono il tutto leggermente forzato. Quello che ho apprezzato di più è David, perchè è colui che è rimasto più coerente con sé stesso pur evolvendosi nel corso della vicenda; purtroppo anche lui è coinvolto nell'operazione "vediamo di concluderla in fretta perché devo andare a farmi le unghie" della Edwards che ci regala una soluzione di comodo da leccarsi i baffi.
Nel 2008 è stato prodotto il film tratto dal romanzo (in effetti, nell'elenco delle date da caso letterario c'era anche quella dell'acquisto dei diritti cinematografici) che ho trovato per puro caso su YouTube digitandone il titolo su Google: lo segnalo qui.